Il confine tra vita privata e obblighi accessori: prestazione esigibile o mobbing?

di R. Maurelli -
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza dell’11 gennaio 2024, n. 1124, ha confermato  la sentenza della Corte di Appello di Brescia n. 323/2018, che aveva condannato il datore di lavoro a risarcire il danno biologico e morale patito da una dipendente per effetto delle condotte vessatorie poste in essere dalla sua superiore gerarchica. La motivazione della Suprema Corte è essenzialmente di carattere processuale, incentrata, da un lato, sull’infondatezza dei motivi di nullità della sentenza, sollevati ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, cod. proc. civ., e dall’altro, sull’inammissibilità del motivo di omesso esame, spiegato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, co. . .